La vita al centro del funerale: il tributo ("life story")
Ogni volta che mi chiamano per un funerale e vado a visitare la famiglia che mi ha contattato, entro in punta di piedi dentro un mondo pieno di storie ed emozioni, forse il momento più vero e più intenso della vita di un uomo e dei suoi cari, e in un’ora o due vengo pervasa dal valore di una vita, di quella vita, e dal vuoto e dal pieno che lascia dietro di sé. E ogni cerimonia si può riempire di significato con musiche, letture, pensieri e momenti di silenzio, ma ciò che più vale a mio avviso, è il tributo all’uomo o alla donna che ci ha lasciato. Il tributo si inserisce all’interno della cerimonia di commiato rappresentandone il momento centrale e più personale e intenso, in cui viene raccontata la vita della persona amata, cercando di rappresentarne l’essenza più profonda, i legami e i valori più forti, e condividendo con tutti coloro che la conoscevano il ricordo, la sofferenza delle perdita e insieme la gratitudine per averla avuta nella propria vita.
Non saprei spiegare meglio il mio ruolo come celebrante all’interno dei funerali, se non riportando un esempio di tributo.
Questo momento lo dedichiamo a ricordare chi era Mario, chi è stato per ciascuno di noi, e soprattutto chi è stato per le qui presenti Laura, la moglie, e Francesca e Elena, le figlie.
Mario, nato nel ‘53 a Passo Corese da una famiglia semplice, sembra aver pervaso ogni ambito della sua vita di libertà e creatività.
Amava il cavallo, passione che ha trasmesso ad entrambe le figlie, adorava il mare e la barca in un modo così assoluto da riuscire a superare il mal di mare. “Mal di mare”, si chiamava così la prima barca avuta con la famiglia. Ogni anno una crociera diversa., la costiera toscana, e la Croazia, e la Turchia.
Mario era un buon gustaio e un buon cuoco, ma solo di cucina biologica. Si dilettava nel giardinaggio e nella coltivazione di un orto talmente produttivo che Laura, la moglia, dice “troppa verdura, non finiva mai”.
E tutti queste passioni si sono unite nella casa dei suoi sogni, sull’Argentario, comprata e sistemata da tutta la famiglia. Con tre architetti in casa – lui, Laura e Francesca – l’impresa non poteva che riuscire bene. Elena invece - che attualmente sta studiando Urbanistica a Londra, da cui in questo periodo è riuscita a tornare quasi ogni week-end - ci racconta che lei, da lontano fungeva da ago della bilancia e fu proprio lei a scegliere di fare la piscina.
E in questi ultimi mesi di malattia, anche solo per due volte, qui, sull’Argentario Mario si è potuto rigenerare: “il sole sul viso, la vista del giardino e sul fondo… sul fondo, il mare!”.
E proprio nel suo amato giardino saranno disperse le ceneri di Mario.
Anche alla sua professione di certo Mario non ha tolto niente di tutta questa passione, a partire dalla scelta della Facoltà di Architettura contro il desiderio dei genitori.
Architettura per lui era sinonimo di libertà e creatività ci racconta Elena; e non a caso tutta la sua famiglia era totalmente coinvolta in un progetto quasi unico.
Lavoro e famiglia, una simbiosi.
Mario e Laura si conoscono nell’81 alla Facoltà di Architettura: Laura timida, con due lunghe trecce, Mario il classico secchione non proprio esperto con le donne; non fu amore a prima vista ma la collaborazione ad un progetto comune fece capire a Laura che, nonostante i due caratteri tosti, avrebbero potuto fare qualcosa insieme. E non aprirono più solo finestre per fare entrare luce e aria, ma spalancarono la possibilità che li ha portati al matrimonio nel 1982.
Insieme anche alla figlia Francesca e a due colleghi hanno uno studio che va alla grande: collaborazioni con il comune di Roma, importanti progetti e ultimamente la stazione di Casablanca. nell’ambito lavorativo Mario è sempre stato il fulcro, il perno. Era diretto, onesto, determinato nel trovare soluzioni e nel formare i suoi collaboratori. Era il motore che faceva funzionare una grande macchina. E infine ci piace sottolineare la sua spiccata dote di precursore in ogni campo: vedeva prima e applicava strategie innovative, dal biologico allo yoga, alla bioedilizia, alla passione per i pezzi di modernariato per il design che proponeva ai suoi clienti.
La prognosi di tumore cerebrale non operabile è arrivata 8 mesi fa, ma la sua morte a cui erano presenti sia la moglie che le figlie, è stata veloce, improvvisa, a causa di un’emorragia, la notte sera del 28 maggio.
Mario aveva parlato della sua fine, del desiderio di un funerale semplice e laico, così come lo stiamo celebrando oggi. E Laura ci tiene vivamente a ringraziare tutti gli amici che in questi ultimi tempi lo hanno rallegrato con i ricordi delle uscite in barca e che numerosi hanno condiviso cene e momenti di giovialità. “Senza gli amici non ce l’avremmo fatta, la porta di casa aperta per noi è un valore assoluto”.
E adesso che Mario “deve tornare sul mare solitario sotto il cielo” come cita la poesia scelta da Elena, pensiamo a lui che finalmente si godrà il viaggio senza più soffrire di mal di mare.